"Territorio ostaggio dei cacciatori" la lettera della scrittrice imperiese Lena Vinci

Lo sconcio dell'uccisione "sportiva" di un animale , il sangue versato per gioco, la nota sinistra che assume il suono dei campanelli dei cani mi rendono intollerabile trovarmi ancora lì

"Territorio ostaggio dei cacciatori" la lettera della scrittrice imperiese Lena Vinci
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera di Lena Vinci, scrittrice imperiese che si è ritrovata, durante una passeggiata, nel pieno di una battuta di caccia sulle alture di Castellaro.
"Castellaro, splendido Mercoledì di sole di Settembre. Dal santuario di Lampedusa il panorama della vallata, sotto il cielo terso, toglie il respiro per la sua bellezza. Sembra proprio il giorno giusto per un'escursione, per godersi questo meraviglioso patrimonio collettivo che è la natura ligure, questa ricchezza impagabile fatta di sole, di piante e di un mare dal colore che incanta. 
La strada per Monte Faudo è insolitamente popolata. Quattro o più uomini con gilet segnaletici sono disposti ad intervalli lungo il primo tratto della carrabile, altre persone dello stesso gruppo stanno pochi metri più in basso, sul sentiero sottostante. Uno sparo mi chiarisce immediatamente il significato di quell'adunanza. Ricordo all'improvviso che si è aperta da pochi giorni la stagione di caccia.
Continuo a procedere sulla strada immaginando di lasciarmi alle spalle quello scenario di guerra, di ignorarlo e continuare la mia giornata secondo i miei programmi nonostante la sensazione di fastidio che provo di fronte al moto frenetico degli uomini e dei loro cani, alle armi ed al senso di agitazione che la loro presenza mi comunica in un luogo nel quale ho sempre provato un sensazione di pace quasi religiosa.
"Ma c'è una battuta di caccia!" Mi dice contrariato uno di loro, quando gli passo davanti. Inizio a sentirmi a disagio (" Sto ignorando qualche divieto?" mi chiedo). Decido di proseguire malgrado tutto. Intorno a me, tutto sembra fermarsi, il mio disagio si fa più grande a mano a mano che proseguo sotto gli sguardi nervosi degli uomini, ma è la vista del giovane cinghiale abbattuto sull'erba, sul ciglio della strada, che mi ferma definitivamente. Lo sconcio dell'uccisione "sportiva" di un animale , il sangue versato per gioco, la nota sinistra che assume il suono dei campanelli dei cani mi rendono intollerabile trovarmi ancora lì. Torno indietro con gli occhi bassi, torvi di rabbia.
"Sì,è pericoloso" Mi dice l'anziano cacciatore, come ad incoraggiare il mio allontanamento,  quando gli ripasso davanti.
"Siete voi che dovreste stare lontani da strade e case" gli rispondo d'istinto.
"Ma noi non spariamo verso la strada" sento, ancora dalla stessa voce, alle mie spalle.
Sono andata via, rinunciando ai miei programmi ed ai miei diritti, con un senso di rabbia profonda. La mia libertà ha dovuto compiere un passo indietro di fronte a qualcosa che ho percepito nebulosamente come un abuso e che tale era a tutti gli effetti. Non essendo sicura dei miei diritti non ho insistito ma, la prossima volta, non sarà così.
Quella stessa legge di fronte alla quale molti di noi chinano il capo accettando l'esercizio della caccia- legge 157 del 1992- impone (articolo 22- e) che non si svolga alcuna attività di caccia nel raggio di cinquanta metri da strade carrozzabili e di cento metri da abitazioni. E allora, ricordo a tutti coloro che si dilettano nello "sport" della caccia che il patrimonio demaniale è un bene collettivo, che transitare su una strada in sicurezza, non è un diritto che possa venire meno solo per permettere una battuta di caccia. In altre parole, se una strada diventa pericolosa a causa della caccia, significa che sono in atto comportamenti illegali e sanzionabili. Non importa quanto la consuetudine abbia incoraggiato questo tipo di comportamenti , so che questa è l'ultima volta che indietreggio. "
Lena Vinci
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